Ultimamente è cresciuta in maniera esponenziale la possibilità di pagare prestatori occasionale di lavoro attraverso il sistema dei voucher, ma prima cerchiamo di capire bene di cosa si tratta.
I voucher vengono definiti come “buoni lavoro” e servono per pagare i costi del cosiddetto “lavoro accessorio”, cioè i voucher remunerano attività lavorative non riconducibili a veri e propri contratti di lavoro, in quanto trattasi di lavoro saltuario. Per fare giusto un esempio, un’ora di attività lavorativa viene pagata con un voucher da 10 euro lordi; di questi il lavoratore ne percepisce netti solo 7,5 euro. Come meglio chiarito su prestitiinforma.it i voucher sono altresì utili in quanto garantiscono in ogni caso piena copertura previdenziale e assicurativa presso INPS e INAL: infatti, prima dell’inizio dell’attività di lavoro accessorio è il committente stesso a comunicare a INPS e INAIL l’inizio dell’attività; i voucher non garantiscono assegni, invece, in caso di maternità, malattia o disoccupazione.
Per il prestatore si tratta di un vero e proprio affare, poiché questi può integrare il proprio stipendio mensile con prestazioni lavorative occasionali. Inoltre, ulteriori vantaggi sono dati dal fatto che tale compenso è esente da tassazione e non interferisce con lo stato di disoccupazione: ciò vuol dire che si può continuare a essere disoccupati (da intendersi come persone inoccupate ma correntemente in cerca di lavoro) e al tempo stesso “arrotondare” le proprie entrate con qualche prestazione occasionale.
I prestatori di lavoro accessorio possono essere pensionati, studenti nei periodi di vacanza, lavoratori part-time, cassintegrati, lavoratori autonomi, lavoratori dipendenti pubblici o privati, inoccupati e prestatori di lavoro extracomunitari (quest’ultimi se in possesso di regolare permesso di soggiorno che consenta di lavorare).
Per il 2015 la retribuzione annuale non poteva superare i 7000 euro netti per il prestatore di lavoro e 2020 euro netti per la prestazione svolta per ogni singolo committente.
C’è poi un’eccezione che riguarda l’agricoltura: dato che il settore nello specifico prevede già una disciplina limitativa per attività stagionale, si è deciso di applicare soltanto il limite complessivo di 7000 euro e non anche il limite per ciascun committente.
Tuttavia, con il Jobs Act si è deciso di contrastare gli abusi derivanti da un uso improprio dei voucher e di seguirne la tracciabilità, il tutto con un meccanismo abbastanza ingegnoso e tecnologico. In sostanza, circa un’ora prima di iniziare a lavorare il committente di attività accessoria dovrà mandare un messagio con il proprio cellulare oppure una email alla sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro, comunicando codice fiscale del lavoratore occasionale, luogo e durata della prestazione. Ma adesso sorge spontanea (e diremmo anche lecita) una domanda: questo compito verrà effettivamente assolto dai committenti? La risposta dovrebbe essere affermativa, in quanto la legge prevede una sanzione molto salata nel caso di “non dichiarazione” della prestazione al momento di erogazione della stessa: la multa può variare da 400 a 2400 euro. Attraverso l’attuale sistema era invece possibile comunicare l’inizio della prestazione fino a 30 giorni successivi alla prestazione.
Secondo il Presidente della Repubblica, questo è stato un giusto atto per controllare l’emissione dei voucher ed evitare così ogni abuso, “disuguaglianza, emarginazione e povertà”.
Tutt’oggi il pagamento attraverso i voucher è in continua crescita: nel 2016 si è registrato un +45,6% rispetto al 2015 (dati raccolti dal Sole24Ore).